Quel mazzolin si occupa di piante da compagnia, composizioni ed esperimenti floreali, tutti realizzati a casa. Ci piace pensare i kokedama, tecnica con cui lavoriamo sin dal 2014, come se le piante si ribellassero ai vasi corti, di plastica, poco carini e per niente amichevoli e decidessero di intraprendere una nuova strada (di rivincita, libera e poetica, tralasciando tutte le dicerie, seppellendo tutti i dolori) e restassero con tutte le loro radici pronte a scappare da tutte le parti della palla di muschio che serve come una dolce dimora, un rifugio. Il formato dei kokedama può essere differente ma in origine e a seconda della tradizione ricorda e richiama altre forme potenti della natura: un uovo, un nido, una conchiglia, un chicco, un bulbo, un grembo, una gemma, una promessa. L'arte del kokedama ci parla sempre della grande e straordinaria storia dell'arte dei bonsai, seppure tradendola, con grazia, con leggerezza. I kokedama rappresentano il volto buono del giardiniere goffo. Sono lì a dirci C'è ancora tempo, Non è tardi, La vita attecchisce, Calmati, Ti faccio un fiore, Ti rubo un sorriso, Ti seguirò, tesoro mio. E poi restano ancora altre dimensioni del creare un kokedama e del prendersene cura. E' sempre un atto terapeutico, un momento di rallentamento, di attenzione accurata, di gesti delicati e lenti. I minuti dedicati alla cura del kokedama si aprono in mille facce, un piccolo infinito: gli si può parlare e ascoltarlo, condividere ansie e impressioni, suggerimenti e richieste. Alla fine - o meglio, in mezzo a tutto - ecco l'elogio al provvisorio, al deperibile, all'imperfetto, a quello che ora c'è e può scomparire all'improvviso. Il kokedama è una metafora della vita e dei suoi meandri: le sue pieghe sono preziose.